lunedì 31 ottobre 2011

i Mezzi di Comunicazione tra Deriva e Viaggio [sul pensiero di Zygmunt Bauman]

La degenerazione del capitalismo ha portato (quasi per necessità) alla commercializzazione del percorso verso la felicità e degli istinti, degli impulsi. Questo ha generato l'"individualizzazione" e, con la contestuale esasperata competitività, l'inevitabile venir meno della solidarietà e della fiducia verso la propria rete sociale.
Con questa frase si potrebbe sintetizzare la lectio magistralis di Bauman in cui il sociologo polacco ha dispensato il succo della sua teoria della modernità liquida.

Voglio condividere con voi una riflessione, impregnata del pensiero di altri personaggi [Anders, McLuhan e Siegel], che ho fatto sul ruolo che i mezzi di comunicazione hanno potuto avere in questo processo lungo almeno mezzo secolo.

[Il mio background culturale, prettamente tecnico, non mi permette di valutare la bontà e l'originalità di quel che vado a dire; ho voluto comunque cimentarmi anche nella redazione di qualche slide che credo possa aiutare a seguire il semplice ragionamento. Si tratta della fotografia dell'Interregno di Bauman, della situazione in cui siamo adesso, incapaci di vedere l'arrivo]


Come non pensare al ruolo fondamentale che, nel percorso verso la crisi, hanno avuto i mezzi di comunicazione?

Anders e McLuhan hanno spiegato come la TV veicolasse/veicoli il messaggio "Comprate!".
Dal saggio di Siegel, appare a me evidente che Internet completi tale messaggio con un suadente "Guadagnate!"

Comprare e Guadagnare: due facce di una stessa medaglia che si chiama mercificazione/commercializzazione: transazioni materiali per risolvere problemi di carattere prettamente spirituale. L'acquisto [ispirato al "Comprate!" delle TV] di un bene per se stessi o di un regalo per il proprio figlio è la cura per il disagio e per il proprio senso di colpa; la [s]vendita [ispirata al "Guadagnate!" di Internet] della propria immagine è la strada - fornita su un piatto d'argento dall'evoluzione delle tecnologie - per competere e per [ri]trovare la stima di se.

La commercializzazione, quindi, come sentiero illusoriamente più breve per lenire un disagio, una frustrazione che affligge le persone totalmente incapaci di decodificare, fronteggiare e risolvere i problemi. Un sentiero che seduce ma che, al tempo stesso, porta chi lo percorre a rinchiudersi nel circolo vizioso della deriva.

Ma la tecnologia offre anche l'opportunità del viaggio. Internet conferisce a ciascuno anche la possibilità di "vendere" una reazione nuova, una protesta. C'è ancora l'autostima di mezzo, questo è vero (perchè è pacifico che l'autostima cresce quando ci si ritrova uniti in un pensiero); ma l'aggregazione, il fare rete, riesce quanto meno a mettere le persone in moto verso un nuovo punto di partenza fatto di solidarietà.

Nella sua teoria della modernità liquida Bauman ci dice che la Rete ha favorito la creazione di nuovi legami non costringendo le persone a rinegoziare i metodi di approccio al prossimo; legami di cui, evidentemente, ciascuno ha bisogno quantomeno per affrontare e aggregare una reazione condivisa. Con Twitter non si fanno le rivoluzioni; con Twitter non è possibile nemmeno creare una proposta concreta. Con Twitter, però, è forse stato possibile far sentire gli indignatos parte di un grande movimento. Ed è questo, come dicevo, un punto nodale.

[Ancora questa settimana, sull'ultimo numero di Internazionale, Manuel Castells torna a dare forte credito agli Indignatos; ma a mio parere sembra non curarsi della denuncia fatta da Bauman - e, in tempi non sospetti, da Malcom Gladwell - di forte deficit di organizzazione e leadership per fare dell'indignazione un'azione concreta]

I mezzi di comunicazione hanno, quindi, tracciato la storia al pari dei personaggi che, di questa storia, sono stati protagonisti. La tecnologia, con Internet, oggi, da un lato ripropone un modello analogo a quello imposto cinquanta anni fa dalla TV [la mercificazione di tutto!]; dall'altro, però, ci offre delle opportunità che prima non si avevano, una via di fuga.

Mi inquieta un dubbio: ci sono state davvero delle menti che hanno progettato tutto questo? Delle eminenze grigie che hanno, con i mezzi di comunicazione, manipolato il pensiero a sostegno della causa stessa della crisi che viviamo, il capitalismo?

[In un articolo scientifico di Internazionale di questa settimana c'è un pezzo che dimostrerebbe, con la teoria dei sistemi complessi, come una rete di pochissime società controlli oggi davvero tutto il mercato mondiale. Uno scenario spettrale! A poco serve il messaggio tranquillizzante presente nell'articolo secondo cui tali strutture sono comuni in natura.]

Con le radio e le televisioni è sotto gli occhi di tutti che le cose stiano più o meno così. Per Internet la storia è/sarà diversa. Il futuro, però, è nelle mani di chi c'è dentro e di chi, da dentro, ha ad esempio la responsabilità di fare ed organizzare le informazioni.

Anche in questo caso la strada - in salita, come Bauman ci ha detto - passa attraverso la solidarietà ed è ispirata a logiche distanti dal mero mercato.

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